GUIDA MOBBING
Rilevanza e risarcimento del danno

In questa Guida forniamo le informazioni di base per comprendere meglio quali sono le condizioni al ricorrere delle quali è possibile denunciare un comportamento vessatorio come espressione di “mobbing”, posto in essere con intento persecutorio o no, dal datore di lavoro o da colleghi al fine di ottenere il risarcimento del danno.
Sono indicate inoltre tutte le diverse modalità nelle quali il mobbing si può configurare sul luogo di lavoro e fuori, e i principali orientamenti giurisprudenziali per capire se ricorre il comportamento lesivo del datore di lavoro rispetto al lavoratore dipendente.
La Guida non può intendersi sostitutiva di una consulenza relativa al caso specifico.

INDICE
Definizione di mobbing
Le diverse tipologie di mobbing
Straining
Tutela giuridica del lavoratore in ipotesi di mobbing e straining

DEFINIZIONE DI MOBBING

Pur non sussistendo un criterio specifico per individuare le azioni che possano ricondursi al c.d.  “mobbing”, nella sua accezione assume rilievo ogni forma di angheria perpetrata da una o più persone nei confronti di un individuo più debole: umiliazioni, ostracismo, comportamenti persecutori, emarginazione tramite violenza psichica protratta nel tempo e in grado di causare seri danni alla salute della vittima.
Qualunque forma di terrore psicologico perpetrato da uno o più individui nei confronti di un altro, nel contesto lavorativo (scolastico, familiare), esercitato con modalità e tempistiche ben precise in danno di un collega di pari grado, di un subordinato o di un individuo più debole con il chiaro e determinato intento di danneggiarlo ed emarginarlo, configura “mobbing”.

Per assumere significato giuridicamente rilevante ed essere oggetto di tutela giuridica il c.d. terrore psicologico deve estrinsecarsi in comportamenti aggressivi e vessatori protratti nel tempo in maniera ripetitiva, regolare e frequente; l’intento persecutorio deve essere idoneo ad unificare tutti gli episodi addotti dall’interessato, con incidenza rilevante sulla salute psico-fisica del mobbizzato.

Quindi, riepilogando, rilevano tutti i comportamenti persecutori con intento vessatorio quali emarginazione, molestie, dequalificazione, critiche continue ed immotivate, reiterati lungo un arco temporale medio-lungo ovvero un periodo di tempo tale da rendere invivibile il contesto di riferimento; comportamento da cui scaturisca un danno alla salute e così il nesso causale o rapporto causale tra condotta denunciata e danno subito.

Cosa dice la Corte di Cassazione. La Suprema Corte di Cassazione si è espressa, anche recentemente circa la configurabilità di una condotta di mobbing, testualmente: “ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro rilevano i seguenti elementi, il cui accertamento costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato: a) la molteplicità dei comportamenti a carattere persecutori o, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio dell’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio. Elementi questi che il lavoratore ha l’onere di provare in applicazione del principio generale di cui all’art. 2697 c.c. e che implicano la necessità di una valutazione rigorosa della sistematicità della condotta e della sussistenza dell’intento emulativo o persecutorio che deve sorreggerla” (Cass. Civ., Sez. Lav., 16/02/2018, n.3871 – Cass. 26/03/2010, n.7382 – Cass. 17/01/2014, n.898).

LE DIVERSE TIPOLOGIE DI MOBBING

Mobbing Lavorativo. E’ la forma più diffusa e più nota. E’ il comportamento illecito giuridicamente rilevante che normalmente si estrinseca in quei comportamenti che il datore di lavoro o i colleghi pongono in essere al fine di emarginare, cagionando frustrazione ed ansia sempre crescente fino a divenire insopportabile. E’ possibile distinguere delle sottocategorie.
Mobbing verticale: il “bossing”. Consiste nelle vessazioni ed abusi perpetrati da un superiore gerarchico ai danni di uno o più dipendenti, (in ragione dei rapporti di forza sbilanciati tra mobber e mobbizzato). Questa è sicuramente la forma di mobbing più diffusa, combinando con premeditazione, azioni a scopo intimidatorio con veri e propri atti di violenza psico-fisica e di esclusione dai privilegi aziendali, solitamente riservati in forma equa ai vari dipendenti (ad es. assegnazione di certi incarichi lavorativi anziché altri, esclusione da meeting del personale dipendente, ridimensionamento di ruolo nella comunità aziendale con assegnazione di incarichi con mansioni di poco conto che demotivano e limitano l’espressione delle capacità e delle competenze del lavoratore, ad es. fare fotocopie, smistare la posta degli altri, creare una situazione di totale o parziale inattività del lavoratore, privarlo di un luogo ove espletare l’attività lavorativa).
Il mobbing orizzontale: i colleghi.  Si tratta di un insieme di comportamenti persecutori messi in atto da uno o più colleghi nei confronti di un altro finalizzati a screditare la reputazione del lavoratore, spesso attuati da un gruppo.
Low mobbing. Di minore portata sono le azioni mobbizzanti provenienti dal basso, che mirano a ledere la reputazione delle figure di spicco aziendali a seguito di un comportamento ritenuto non idoneo da parte di un buon numero di dipendenti o addirittura determinati da invidia per la posizione raggiunta o per il potere mostrato. Tale situazione si verifica spesso in coincidenza con ipotesi di crisi economica aziendale: in tali situazioni infatti la figura del capo viene considerata alla base della crisi e di ogni altra problematica come disorganizzazione, cattiva reputazione dell’azienda, incapacità di essere competitivi.
Mobbing scolastico. I ragazzi possono divenire vittime di mobbing operato sia da altri studenti che dagli insegnati ed anche in tal caso, seppur rari, esistono casi di mobbing dal basso che riguardano gruppi coalizzati di studenti che mirano a ledere le capacità organizzative e di dialogo di uno o più insegnati ritenuti particolarmente deboli.
Infine il mobbing familiare.

STRAINING

E’ una forma attenuata di mobbing ove non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie che, comunque, ove si rilevano produttive di danno all’integrità psico-fisica del lavoratore, giustificano la pretesa risarcitoria fondata sull’art. 2087 c.c., norma che la Suprema Corte di Cassazione ha sottoposto ad interpretazione estensiva, costituzionalmente orientata al rispetto di beni essenziali e primari quali sono il diritto alla salute, la dignità umana e i diritti inviolabili della persona, tutelati dagli artt. 32, 41 e 2 Costituzione (Cass. 04/11/2016, n.3291 – Cass. 19/02/2018, n.3977).
Come distinguere mobbing da straining. La scriminante tra mobbing e straining sta proprio nel valutare, attraverso un attento esame, la concatenazione delle vessazioni e della coerenza di ciascuna di esse con tutte le altre, pur in assenza di intento persecutorio (che deve sussistere invece nel mobbing).
Rilevano anche il danno alla professionalità da perdita di chances, l’estromissione da un settore strategico aziendale nel quale il lavoratore stava progressivamente incrementando le proprie conoscenze tecniche e gestionali e quindi l’impoverimento del proprio bagaglio professionale anche in termini di portata patrimoniale della professionalità.
Resta inteso che “straining” e “mobbing” identificano entrambi comportamenti ostili atti ad incidere sul diritto alla salute costituzionalmente tutelato.

Quando configurare una responsabilità da straining del datore di lavoro. Il datore di lavoro, in base al codice civile (articolo 2087, in particolare), è tenuto ad evitare situazioni “stressogene” che diano origine ad una condizione che, per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, possa presuntivamente ricondurre a questa forma di danno “straining” anche in caso di mancata prova di un preciso intento persecutorio (Cass. 29/03/2018, n.7844).
Si configura, allora, una condotta di straining quando le situazione lavorative ostili e/o discriminatorie, conflittuali e/o di stress forzato, provocano appositamente danni al lavoratore anche se si tratta di situazioni limitate nel numero e distanziate nel tempo. Tali azioni, ove si rivelino produttive di danno all’integrità psico-fisiche del lavoratore, giustificano le pretese risarcitorie fondate sull’articolo 2087 codice civile.

Risarcimento del danno da straining. La Suprema Corte ha ribadito che, nell’ipotesi in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrità psicofisica in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di natura asseritamente vessatoria, il giudice del merito, pur nell’accertata insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare tutti gli episodi addotti dall’interessato e quindi della configurabilità di una condotta di mobbing, è tenuto a valutare se alcuni dei comportamenti denunciati, seppure non accomunati dal fine persecutorio, siano ascrivibili a responsabilità del datore di lavoro che possa essere chiamato a rispondere nei limiti dei danni a lui imputabili (straining).

TUTELA GIURIDICA DEL LAVORATORE IN IPOTESI DI MOBBING E STRAINING

Il nostro ordinamento dispone di una serie di norme che consentono alle vittime di tutelarsi sia rispetto ai fenomeni di mobbing che di straining.
Innanzitutto vi è una tutela costituzionale: l’articolo 32 della Costituzione riconosce e tutela la salute come un diritto fondamentale dell’uomo; l’articolo 35 della Costituzione tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni; l’articolo 41 della Costituzione vieta lo svolgimento delle attività economiche private che possano arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.
In secondo luogo, l’ordinamento riconosce una tutela civilistica: il codice civile rinviene due fondamentali norme da applicare alle vittime di comportamenti mobbizzanti: l’articolo 2043, che prevede l’obbligo di risarcimento in capo a colui (o coloro) che cagioni ad altri un danno ingiusto con qualunque fatto doloso o colposo; e l’articolo 2087, che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure idonee a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. E quindi anche evitare situazioni stressogene che provochino danni alla salute e/o alla dignità del lavoratore (Cassazione civile sezione lavoro 10 luglio 2018 n. 18164)
Da non dimenticare poi la tutela relativa alle Leggi Speciali come lo Statuto dei Lavoratori nella parte in cui pone una specifica procedura per le contestazioni disciplinari a carico dei lavoratori e laddove punisce i comportamenti discriminatori del datore di lavoro; ulteriore tutela di carattere più generale si può rinvenire nel Testo unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il risarcimento del danno subìto per mobbing o straining. L’ordinamento, dunque, fa conseguire all’eventuale comportamento persecutorio del datore di lavoro rispetto al lavoratore il risarcimento per le sofferenze non patrimoniali subite in conseguenza delle condotte persecutorie (mobbing o straining) che abbiano prodotto lesione della salute psico-fisica del danneggiato.
Più precisamente, esse sono: il danno biologico per la sofferenza interiore derivante dalle condotte persecutorie; il danno morale; il danno esistenziale per il peggioramento delle condizioni di vita quotidiane; il danno patrimoniale quando il comportamento mobbizzante abbia determinato una incidenza negativa sulla sua sfera economica (ad esempio spese mediche sostenute in conseguenza delle lesioni psico-fisiche subite in seguito a comportamenti mobbizzanti; mancato guadagno conseguente ad impoverimento delle capacità professionali del mobbizzato qualora il mobbing comporti inattività forzata del lavoro, la compromissione della immagine professionale, la perdita di chances, il mancato avanzamento di carriera).
Per approfondire i temi del risarcimento del danno consulta la GUIDA AL RISARCIMENTO DEL DANNO.

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