Mario (il nome è di fantasia), non vedente e dunque appartenente a categoria di lavoratori protetta, veniva assunto dall’azienda sanitaria Y come massofisioterapista. Durante il rapporto di lavoro svolgeva la sua attività dapprima presso il reparto di ortopedia e traumatologia dell’azienda sanitaria, per essere poi trasferito al reparto di oncologia. In tale contesto lavorativo non vi erano pazienti che necessitassero delle proprie cure, e dunque Mario rimaneva inoperoso per la maggior parte dell’orario di lavoro. Contestualmente veniva privato anche di un locale dove espletare la propria attività lavorativa, costringendolo così a rimanere seduto inoperosamente nella sala di aspetto per tutto l’orario lavorativo.

Questa situazione di “svuotamento” delle mansioni determinava in Mario una condizione di emarginazione e inoperosità, con gravi ripercussioni sulla salute fisica e psicologica, fino all’insorgere di gravi disturbi psicosomatici e depressivo-invalidanti che lo indussero ad importanti cure mediche, con notevole danno alla dignità umana, alla personalità morale, all’immagine professionale e all’integrità fisica.

Il Tribunale di Milano, valutando le prove addotte dalla difesa dello studio legale Palcani e accertando così la consistenza degli addebiti di mobbing in carico al datore di lavoro, ha riconosciuto a Mario il risarcimento del danno, a fronte del carattere della sistematicità e continuità temporale delle vessazioni.